Mazzoncini: "Le mie Ferrovie con nuovi treni, strade e stazioni-smart. Così cambierà la mobilità in Italia"

Intervista all'amministratore delegato della società: "La missione è modernizzare il Paese. Siamo al top per la tecnologia, con l'Anas lo faremo"


Riportiamo di seguito l'intervista di Fabio Bogo a Renato Mazzoncini ad e direttore generale di FS Italiane pubblicata su Repubblica.it il 19/06/2016.

Le Ferrovie? Non solo treni e binari. La missione che è stata affidata dal Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture e da quello dell'Economia all'amministratore delegato Renato Mazzoncini è di farla diventare il nuovo motore per la mobilità del Paese. Una rete integrata di trasporto su gomma e rotaia, nuovi mezzi più veloci e moderni, una rete di stazioni-smart, una fusione con l'Anas per progettare e realizzare le infrastrutture necessarie per il salto verso la modernizzazione.

Ingegner Mazzoncini, il progetto è ambizioso. E serviranno risorse. Come le troverete?
"Abbiamo già cominciato a farlo. In sei mesi abbiamo concluso due grandi operazioni. L a prima è stata la cessione delle rete elettrica a Terna, che ha fruttato 750 milioni di euro. I nostri 8700 chilometri ad alta tensione ora coprono il 15% del fabbisogno civile e produttivo nazionale. La seconda è stata la cessione di Grandi Stazioni Retail con una gara vinta da Borletti e fondo Antin, la migliore di ben 4 offerte. Noi incassiamo 423 milioni, in totale l'operazione vale 20 volte l'Ebitda; è la prova che oggi le attività integrate nel sistema ferroviario acquisiscono grande valore. Grandi Stazioni è stata un'operazione straordinaria per noi: abbiamo ottenuto una eccellente plusvalenza e abbiamo riscritto l'architettura del sistema. I privati hanno comprato con Grandi Stazioni Retail i diritti di sfruttamento dei locali, credono nei flussi di cassa futuri generati dalle attività commerciali all'interno delle stazioni. Vendere vestiti o scarpe non è il nostro mestiere. Lo sono le stazioni, che rimangono di proprietà di Ferrovie con Grandi Stazioni Rail, e gestiscono i servizi per i passeggeri a partire dalla sicurezza, informazioni e pulizia. Su questo e su altri fronti abbiamo progetti più ampi. Ci siamo approvvigionati di cassa, e assieme a nuove emissioni obbligazionarie per 1,8 miliardi ora abbiamo risorse per questi obiettivi".

Ci dica quali sono.
"Intanto il rinnovo del nostro parco mezzi. Sull'alta velocità crescono i nuovi Frecciarossa 1000, treni che possono raggiungere i 400 km/h e che adesso stiamo testando, di notte, tra Roma e Napoli. Li abbiamo spinti fino a 385 km/h, l'obiettivo è una velocità di punta commerciale di 350 km/h. Il che significa che tra Roma e Milano si potrà scendere a 2 ore e 20 minuti. Ne avremo 50. Ma il grosso dell'investimento sarà sul sistema regionale, dove intendiamo imprimere una svolta, perché noi abbiamo 50 milioni di passeggeri sulle Frecce, ma 600 milioni sulle linee regionali. Negli ultimi tre anni abbiamo sostituito il 25% dei treni regionali e abbiamo bandito sei mesi fa la più grande gara di treni mai fatta nella storia del paese; la base è di 4,5 miliardi e riguarda treni ad alta e media capacità. La chiuderemo nelle prossime settimane, contiamo di acquistare mezzi pari al 50% della flotta nazionale che entreranno in servizio tra il 2018 e il 2020. Al termine dell'operazione il 75% della flotta sarà nuovo e le Ferrovie dello Stato rappresenteranno il benchmark in Europa. Sarà una rivoluzione e gigantesco l'investimento necessario; parallelamente rivedremo i contratti di servizio con le Regioni per una corretta programmazione delle necessità".


Questo è il fronte treni. L'altro qual è?
"Le infrastrutture. A cominciare dalle stazioni, che in Italia sono 2200. Quelle con valore retail, che possono diventare dei grandi centri commerciali sono una ventina. Noi vogliamo cambiare il concetto di stazione. Oggi un automobilista dice: "Vado in macchina e non prendo il treno tra Brescia e Milano anche perché devo andare in stazione e perdo tempo". Nei nostri progetti la stazione farà risparmiare tempo, perché lì si troveranno servizi che servono. La possibilità di ritirare in spazi personalizzati nei magazzini la spesa della catena del fresco fatta online, mail boxes per l'ecommerce e le consegne, una lavanderia, un barbiere. Anche le stazioni piccole possono dare un set di servizi standard per i pendolari. La stazione farà guadagnare tempo e spingerà all'uso del treno. Queste attività, sia nelle grandi sia nelle piccole, costituiscono per noi una leva straordinaria. E i nuovi soci di Grandi stazioni, visto che la concessione scade nel 2040 dovranno fare investimenti in fretta: credo vedremo benefici sia per loro sia per noi in uno o due anni. Il tutto grazie alla velocità ed alla coesione di un cda che sta rispettando il ruolino di marcia e ad una grande competenza e dedizione di tutto il personale dell'azienda. Abbiamo chiuso in sei mesi operazioni molto importanti. Il 28 giugno Grandi stazioni retail sarà chiusa, con due giorni di anticipo rispetto alla tabella".

Tutto questo potrebbe aiutare il previsto processo di privatizzazione. Come procede?
"All'interno del piano industriale che prepareremo per settembre proporremo una soluzione anche per l'Ipo. Ma noi non cederemo un'azienda ai privati. La quoteremno in Borsa e la quotazione sarà un mezzo per mantenere, ad esempio, gli obiettivi del progetto industriale. Ci stiamo lavorando, ma siamo in anticipo per decidere. L'importante è capire qual è il nostro mercato di riferimento".
L'integrazione con Anas fa capire che le sole ferrovie non bastano. E di lei si dice che sia uno che vorrebbe comprare tutto. Tanto che è persino interessato all'Atac.
"Se il nostro mercato è quello ferroviario allora siamo a posto, abbiamo il 90% e poco da fare se non difendere il perimetro. Se è la mobilità abbiamo solo il 5%. Io credo che non vada bene così. Oggi l'85% delle persone si muove in macchina. Abbiamo in pratica 30 milioni di "padroncini" del trasporto personale che comprano una vettura, la gestiscono, ne fanno la manutenzione e la guidano. Il tema è: come facciamo a farli scendere dall'auto? Possiamo aggredire questo mercato fornendo soluzioni di mobilità integrata door to door, integrando ferro e gomma, car e bike sharing, taxi e altre forme di mobilità, con app dedicata e tariffazione integrata".

Insisto. Anche l'Atac?
"La mobilità a Roma, con 4 milioni di clienti, interessa moltissimo. E non solo noi. Aspettiamo la nuova amministrazione, una gara dovrà essere fatta entro il 2019. Noi parteciperemo. Atac significa soprattutto uomini e materiale rotabile. Non credo sia complicato risanarla. Occorrono investimenti, materiale nuovo e dare ai lavoratori una prospettiva industriale: se alla gente si spiega in maniera chiara il piano di impresa le risposte saranno positive e si potrà ridare a Roma la dignità di un servizio ora persa. L'accordo si trova. Lo abbiamo fatto a Firenze, in tre anni: pace sociale e promesse rispettate. È uno schema replicabile ".
State pensando di comprare anche le Ferrovie greche. Un buon affare?
"Secondo me si, una grande opportunità che speriamo di cogliere. La tratta Atene - Salonicco è come la rotta Roma-Milano. Se i greci la fanno in auto è perché non hanno alternative valide. Poi viviamo in una dimensione europea, e dobbiamo comportarci coerentemente. Ferrovie dello Stato ha il 14% di fatturato all'estero, i tedeschi il 40 %. Non è pensabile stare solo nel mercato nazionale, dobbiamo allargarci. Abbiamo iniziative in Iran, dove vogliono una linea ad alta velocità e noi ci proponiamo come general contractor per esportare il grande know how ferroviario del nostro Paese, e stiamo cominciando a testare il mercato indiano: adesso c'è ì una nostra missione esplorativa".

Per crescere vi serve l'Anas?
"Ferrovie è una delle aziende del Paese che può crescere di più, è lo scheletro della mobilità ed ha davanti una prateria sconfinata su cui muoversi: 95% del mercato passeggeri, 98% del mercato merci. L'Anas ci serve, è un'azienda molto importante; con un sacco di problemi, ma resta strategica. Le Ferrovie italiane fatturano 9 miliardi, quelle francesi 31 e quelle tedesche 43. Perché? Perché si sono sviluppate in casa e all'estero. Deutsche Bahn è il secondo player europeo del trasporto gomma. Noi ci sentiamo dei nani rispetto agli altri. Io non ho l'ambizione di occuparmi del 100% del trasporto e della logistica. Ma qui servono player forti. In Svezia iniziano a pensare ad autostrade elettrificate. Quando vediamo queste cose si capisce che la differenza tra autostrada e ferrovia si ridurrà in futuro. Le Ferrovie si sono evolute negli anni trainate dal progresso tecnologico del materiale rotabile, le strade sono a livello di tecnologia preistorico. Ora qualcosa sta cambiando, ad esempio con l'autopilota. L'Anas di Armani adesso non ha la tecnologia per farlo, ce l'abbiamo noi con Rfi. Creando un polo delle infrastrutture per la mobilità si possono fare sinergie importanti, progettando insieme strade e ferrovie, facendo gare, mettendo insieme il backoffice. E assieme siamo più forti all'estero. L'infrastruttura di base del trasporto domani sarà ferro e strada, dobbiamo camminare assieme creando una delle forze più tecnologiche del Paese".

I progetti comuni prevedono anche il Ponte sullo Stretto?
"È una infrastruttura integrata, un errore considerarla solo stradale, non c'è un traffico che lo giustifica. Ma se il Ponte è concepito come un'opera all'interno di un corridoio, e sappiamo che costa la metà del Brennero, allora la cosa è diversa. Se è un'opera ferroviaria, e la strada diventa quindi ancillare, i meccanismi di finanziamento sono diversi. In Sicilia abitano 6 milioni di persone, in Puglia 4. Questo è il Sud, Napoli con 1 ora e 7 minuti da Roma è già diventato Centro. O uniamo il Sud al resto del Paese o il problema del Mezzogiorno non lo risolveremo mai".