Riportiamo di seguito parte dell'intervista rilasciata dall'amministratore delegato del Gruppo FS Italiane al Corriere della Sera.
"Il ponte sullo Stretto di Messina? Costa meno della Napoli-Bari"
Roma, 13 ottobre 2016
«Il dibattito sul ponte sullo Stretto mi lascia perplesso. È come se qualcuno si fosse interrogato sull’opportunità di attraversare il Po con la ferrovia in costruzione. Il ponte venne fatto». Renato Mazzoncini, amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato, a fine settembre ha presentato il piano industriale 2017-2026. In quel piano il ponte non è evidenziato in modo esplicito. Ma il completamento della parte italiana dei quattro Corridoi europei che interessano la Penisola lo comprende in maniera automatica, «perché le montagne si superano con le gallerie e i mari con i ponti».
Per il ponte sullo Stretto, però, il problema spesso evidenziato è quello del costo.
«Per il Corridoio che va dal Brennero a Palermo sono previsti investimenti, finanziati anche dalla Comunità europea, per 30 miliardi. Il ponte sullo Stretto è solo una delle infrastrutture da fare. I 60 chilometri sotto le Alpi, al Brennero, rappresentano un’opera incomparabile al confronto: il traforo costa 9 miliardi, di cui metà li paga l’Italia, mentre il ponte costa meno della metà, 4 miliardi. Per rendere ancora meglio l’idea, l’Alta capacità tra Bari e Napoli costa 6 miliardi e il sottopasso di Firenze 1,6».
Il problema del ponte di Messina, quindi, era solo il project financing che ne aveva fatto lievitare i costi?
«Direi di sì, quella del project financing era un’idea doppiamente sbagliata. In primo luogo, non è prevedibile un traffico stradale in grado di ripagare con i soli pedaggi quell’opera. Poi, ricorrendo ai finanziamenti privati era inevitabile che i tassi alti del mercato facessero lievitare i costi».
Al ponte è interessata anche Anas, con cui nel 2017 andrete a nozze. L’obiettivo è risparmiare 400 milioni. Come sarà possibile?
«Si possono ottenere sinergie nella gestione degli appalti, degli acquisti e delle manutenzioni. La ragione fondamentale dell’unione, però, è un’altra: integrare le due infrastrutture, mettere la tecnologia ferroviaria al servizio della strada».
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